Assemblea Antifascista BASSANO DEL GRAPPA (VI)

12 Aprile 2016

Meglio tardi che mai?

Filed under: General — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 21:01

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Ricorriamo a questo detto popolare per commentare questo articolo. L’assessore ha avuto bisogno di un anno e mezzo di sollecitazioni a vario titolo per dare la notizia del “grande” evento. Per quanto ci riguarda, ciò che sembra una illuminata concessione ha invece richiesto un estenuante lavoro ai fianchi fatto di incontri, richieste scritte, presìdi pubblici, lettere di avvocati per bucare il muro di gomma di un’amministrazione che dichiara di voler “sostenere la partecipazione attiva della cittadinanza alla vita culturale e sociale”.

Per noi un lavoro faticoso che si conclude comunque con una piccola vittoria che dimostra che non rassegnarsi a vedere negati i propri diritti è la scelta giusta.

Assemblea Antifascista Bassanese

22 Marzo 2016

Invitiamo tutti a partecipare all’incontro-proiezione con Fulvio Grimaldi

Filed under: General — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 22:31

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16 Marzo 2016

L’insostenibile ipocrisia dell’amministrazione comunale

Filed under: General — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 09:12

Da un anno e mezzo circa abbiamo avanzato la richiesta dell’uso gratuito delle sale pubbliche per le iniziative culturali. Attualmente la concessione è sottoposta a tasse gravose che limitano fortemente l’attività culturale, soprattutto per associazioni come la nostra, composte da precari, operai, studenti e disoccupati.

Non pensavamo di ricevere immediatamente ascolto, eppure l’ass. Vernillo ci ha risposto che potevamo dormire sonni tranquilli…nel giro di pochi giorni la tassa sarebbe sparita.

Ma così non è stato. I mesi sono passati e le nostre sollecitazioni successive non hanno prodotto che qualche ulteriore rassicurazione, sempre più imbarazzata, o il silenzio più assoluto. La tassa è ancora saldamente in vigore. Non solo: è stato pure reintrodotto il pagamento della tassa sulle pubbliche affissioni per le associazioni che non hanno scopo di lucro. A tutto questo si aggiunga una costante opera di prevenzione (noi diremmo di repressione) della forza pubblica (vigili e poliziotti) alla costante ricerca di locandine galeotte da sanzionare. E piovono multe!

E i nostri amministratori? Richieste di incontri con assessori e segretari generali sono cadute nel vuoto. Ignorate. Non disturbiamo i manovratori, sono già così impegnati……La sensazione è quella di un impenetrabile muro di gomma dietro il quale sindaco e amministrazione respingono, col semplice uso della loro posizione privilegiata, qualsiasi sollecitazione. La semplice convocazione di questa iniziativa pubblica è stata sottoposta a ben tre autorizzazioni diverse.

Ma non doveva essere diversa questa amministrazione? Dal programma elettorale del sindaco possiamo leggere: “intendiamo favorire una partecipazione aperta, attiva e continua dei cittadini e delle associazioni alla vita e al buon funzionamento della città”; e ancora: “contenere il più possibile la tassazione al cittadino”.

A questo punto scegliere la via della pubblica contestazione all’operato dell’aministrazione comunale è l’unica e ultima strada percorribile.

Ci sarebbe da vergognarsi a dover protestare contro limitazioni che già 20 o 30 anni fa erano state rimosse, ma abbiamo capito che nulla è definitivo, che ogni conquista va difesa con ogni mezzo necessario, fino in fondo, perchè questa società fondata sul profitto in perenne crisi di asfissia (da devolvere a banchieri e padroni), non ha più mezzi per il cittadino. E allora? Tasse e multe per tutti!

Cerchi di farsene una ragione anche il moderno sindaco “di sinistra”.

9 Febbraio 2016

Potere Popolare: L’Alternativa Possibile

Filed under: General,Sud America — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 23:02

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Autogoverno, movimenti e lotta di classe in Sud America.


 

Incontro – dibattito con Geraldina Colotti – giornalista de Il Manifesto

 


 

SABATO 20 FEBBRAIO – ORE 16.00

Saletta Bellavitis – Via Beata Giovanna, 65 – Bassano del Grappa

 

Organizzano:

  • Rete di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana CARACAS CHIAMA
  • Assemblea Antifascista Bassanese
  • Areaglobale – Schio/Vicenza

15 Gennaio 2016

PORCELLUM ITALICUM, PROVE DI AUTORITARISMO NON AUTORIZZATO

Filed under: General — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 11:43

UN PUNTO DI VISTA SULLE RIFORME COSTITUZIONALI
la riforma dell’illusione costituzionale come via formale all’introduzione dell’autoritarismo di potere

Il governo Renzi, forte di una maggioranza parlamentare ottenuta con una legge dichiarata incostituzionale, si appresta a cambiare la Costituzione, senza alcun rispetto per la prassi parlamentare, con lo stesso schema con cui ha già fatto approvare la nuova legge elettorale (Italicum). Si tratta di modifiche indispensabili proprio per rendere efficace la riforma elettorale, che assegna uno sproporzionato “premio di maggioranza” al partito che risultasse primo nel ballottaggio, indipendentemente dalla maggioranza effettiva dei votanti. Un colpo di mano diretto a stravolgere la democrazia rappresentativa, concentrando nelle mani del governo e di chi lo guida potere esecutivo e potere legislativo ed eludendo il controllo parlamentare che il bicameralismo avrebbe dovuto garantire, condizionando l’elezione degli organi di garanzia e controllo quali il Presidente della Repubblica, i giudici della Corte Costituzionale e i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura.
Nello specifico dei principali punti della riforma, scopriamo che:
– è previsto il superamento dell’attuale bicameralismo: il senato infatti viene trasformato in un organo che dovrebbe rappresentare le istituzioni territoriali, privato del potere di dare o togliere la fiducia al governo.
– si attribuisce al Governo il potere di dettare alla Camera dei Deputati i tempi per l’approvazione di leggi ritenute importanti. A tale scopo viene inserito l’istituo della “tagliola”, che permette al Governo di imporre la chiusura del dibattito entro il termine di 70 giorni, per passare subito al voto finale sul testo proposto. I deputati non potranno discutere , nè proporre modifiche, vedranno il proprio ruolo svilito a “passacarte”. Si tratta di uno strumento di ingerenza che viola il principio di separazione dei poteri.
– si riduce significativamente il diritto di iniziativa legislativa popolare, che vede il numero delle firme necessarie alla presentazione della proposta di legge triplicarsi, da cinquantamila a centocinquantamila.
Queste modifiche costituzionali verranno combinate con il nuovo sistema elettorale, che è già stato approvato ed entrerà in vigore il 1° luglio 2016 (a cancellazione avvenuta del Senato come camera elettiva). Obiettivo del nuovo sistema elettorale è attribuire ad un unico partito la vittoria elettorale ed il governo del paese, abolendo le coalizioni. Con questo sistema, se nessuna lista raggiunge il 40% al primo turno, si svolge un ballottaggio tra le due liste più votate. Chi vince il ballottaggio si aggiudica il premio di maggioranza, indipendentemente dalla percentuale di voti raggiunta.
Nel caso di due partiti che raggiungano circa il 25% al primo turno, l’elettore si vedrà costretto, al secondo turno, a votare uno di quei due partiti. Anche dovesse restare a casa il risultato non cambierebbe. In ogni caso uno dei due partiti vincerà le elezioni, aggiudicandosi il premio di maggioranza e potendo così governare da solo il paese.
La regola democratica per la quale “il voto è personale ed eguale, libero e segreto”, espressione del principio di eguaglianza per cui tutti i voti hanno peso uguale e che vince le elezioni e governa chi ha più voti, viene stravolta. Con il nuovo sistema potrà governare chi ha ottenuto solo il 25%, senza curarsi del restante 75% dei cittadini che hanno scelto diversamente, il cui voto varrà 3 o 4 volte meno del voto degli elettori del partito che conquista il “premio”. Inoltre, con il ballottaggio, si istituzionalizza la regola del votare “il meno peggio”.
Il Governo, nelle intenzioni dei “padri costituenti” , aveva bisogno, per governare, della fiducia del Parlamento. Il Parlamento, con queste due riforme, costituzionale ed elettorale, vedrebbe drasticamente ridotta la propria centralità, svilita alla sola funzione di ratifica dei provvedimenti del Governo.
Senza alcuna legittimazione l’attuale maggioranza sta apportando modifiche sostanziali alla Costituzione, dirette a ridimensionare la centralità del Parlamento, quale istituzione rappresentativa della sovranità popolare, realizzando una forzata concentrazione di poteri nelle mani del Governo.
Questo è quanto ci aspetta sul campo delle “riforme istituzionali”. Ovviamente Renzi ed il suo governo, come d’abitudine, liquidano ogni critica come frutto di resistenze di vecchi imbecilli ad una inarrestabile modernità. Ma dall’altra parte l’opposizione batte pochi colpi ed è priva di una compiuta valutazione storica e politica del problema: la deriva costituzionale del nostro paese non origina dalla controriforma di Renzi, ma con essa invece si compie, dopo un lungo percorso iniziato all’atto stesso del varo del “patto costituzionale”. La Carta Costituzionale “nata dalla Resistenza” e “legge più importante” per gli italiani è stata veramente quel caposaldo indispensabile per la difesa della democrazia (borghese)? E’ veramente il caso di nutrirsi di “illusioni costituzionali”, vagheggiando la “riconquista” della Costituzione del 1948; una posizione tipica degli esponenti democratico-borghesi, imbevuti di parlamentarismo. Dovremmo veramente darci l’obiettivo politico di costruire comitati per la difesa della Costituzione (prc)?

UNA COSTITUZIONE “SOVIETICA”?

Partiamo dall’inizio. Con la “svolta di Salerno”, dell’aprile ’44, Togliatti, segretario generale del PCI, impose, per ragioni internazionali, che la lotta di Resistenza al nazi-fascismo si sviluppasse sulla base di una strategia di alleanza tra i partiti antifascisti di massa (comunisti, socialisti e cattolici), indirizzata allo sviluppo di una “democrazia progressiva”, individuata come unica possibilità storicamente determinatasi per un cambio di regime nel nostro paese. Già nell’aprile ’44 Togliatti ebbe a dichiarare: “Non si pone oggi agli operai italiani il problema di fare ciò che è stato fatto in Russia” , dando a questa opinione una “natura programmatica”.
La strategia fu quella di un fronte unito senza pregiudiziali, che abbandonò partigiani e militanti comunisti e i loro sogni di rivoluzione. Non si trattò di attendere momenti più favorevoli, accumulando forze nella lotta per il socialismo. No, semplicemente Togliatti e dirigenti del PCI imposero a governi e partiti borghesi la propria presenza di forza politica organizzata per la gestione del potere attraverso gli organismi istituzionali: parlamento, governo, autorità locali.

A tal fine, nell’ambito dell’Assemblea Costituente (’46-’48), Togliatti operò affinchè la magistratura costituisse un ordine autonomo e indipendente da altri poteri (dal governo, ma anche da forme di controllo popolare). Si adoperò poi per l’istituzione del bicameralismo, per cui, ogni legge per essere approvata deve passare al vaglio sia della Camera che del Senato. Ed infine il PCI favorì l’approvazione delle leggi di autonomia regionale, estendendo alle regioni poteri molto ampi, come quello di legiferare, amministrare e spendere. Così il gruppo dirigente del PCI cercò di imporre la propria influenza sugli apparati dello stato.
Non fu strategia per il socialismo, ma un’abile tattica per ritagliarsi all’interno del sistema borghese un proprio spazio economico e politico (e clientelare).Togliatti giustificò la validità della propria scelta qualificandola come una singolare via costituzionale al socialismo: “la lotta politica per dare alla democrazia italiana contenuti nuovi, socialisti, ha nella Costituzione un ampio terreno di sviluppo”, “una linea politica di conseguente sviluppo democratico e di sviluppo nella direzione del socialismo attraverso l’attuazione di riforme di struttura previste dalla Costituzione stessa”.
La strategia delineata si sarebbe col tempo ulteriormente affinata ed affermata: riconoscere la legittimità dei governi borghesi (DC), nei confronti dei quali legittimarsi come forza di opposizione, per far parte, in pianta stabile, del sistema di potere della grande borghesia italiana. A tal fine la grande “alleanza con le masse cattoliche”, lungi dal rappresentare l’accumulo di forze proletarie e popolari per una improbabile “via italiana al socialismo”, finì col diventare compromesso politico con la DC, in funzione “atlantica” (adesione alla NATO), per l’espansione dei grandi monopoli pubblici e privati e per il controllo e la repressione delle lotte operaie e contadine.

E la Costituzione? Rimase, come la “via italiana” al socialismo, un’opera incompiuta che nei suoi principi ispiratori non si realizzò e non poteva realizzarsi perchè l’impedimento era insito nei rapporti di forza: non si cambia la società senza conquistare il potere. O una foglia di fico: anni e anni di retorica costituzionale non ci hanno salvato da leggi emergenziali, terrorismo fascista, corruzione dilagante, guerre umanitarie, disoccupazione e, soprattutto, da una devastante ingiustizia sociale. La costituzione fu una tappa di quella strategia dell’inganno che ha proprio nel PCI il suo vettore principale: mentre da un lato si discuteva di “grandi diritti sociali” e di “socialismo”, dall’altro si lasciava mano libera ai padroni.
Così, quella italiana, divenne la migliore costituzione del mondo, una costituzione assolutamente meravigliosa, che prevedeva “riforme strutturali improntate al socialismo”; che affermava “…il principio della sovranità popolare” e “dello Stato fondato sul lavoro” e assegnava “alle forze del lavoro un posto nuovo e preminente”; riconosceva “il diritto dei lavoratori ad accedere alla direzione dello Stato”. Ribadiva “la necessità di trasformazioni politiche necessarie per muovere la società nazionale nella direzione del socialismo”; perchè la classe operaia italiana può organizzarsi “in classe dirigente… nell’ambito del regime costituzionale” e che “il rispetto, la difesa, l’applicazione integrale della costituzione repubblicana è il cardine di tutto il programma politico del partito”.
Tutte queste (e molte altre) frasi altisonanti di Togliatti e del gruppo dirigente del PCI hanno mascherato per decenni la realtà più cruda: tra tutti i 139 articoli contenuti nella Costituzione, l’articolo 42, il quale prevede che “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge”, ne rappresenta più di ogni altro la natura di classe.
Del resto, le disposizioni contenute nelle costituzioni di tanti paesi a favore di libertà e diritti civili, contengono allo stesso modo altre disposizioni che li annullano o li cancellano. Come disse Marx: “ciascun articolo contiene la propria antitesi: si annulla completamente”.

La parabola del PCI ha origine da questa fase storica. La scelta di classe rimase la stessa negli anni di Berlinguer e del compronesso storico, fino a quando il crollo dell’URSS diede modo ai dirigenti di allora di abbandonare definitivamente la scelta di campo ed annullare il nome del partito. Dopodichè il PCI, divenuto PDS, DS, PD, immedesimato nella logica politica dell’alternanza di governo, assume, per conto del grande capitale, il ruolo di partito di governo. La continuità storica di questa formazione politica è assicurata: il PD non è altro che il prodotto del PCI di allora.

SARA’ RENZI IL NUOVO PADRE COSTITUENTE?

Tornando alla Costituzione, ironia della sorte vuole che il governo Renzi si appresti ora a rimuovere quegli intralci alla propria “governabilità”, così vitali per i suoi predecessori di “partito” ai tempi della Costituente.
In tempi di crisi economica endemica e di guerra generalizzata serve un deciso rafforzamento dei poteri dell’esecutivo e gli impedimenti posti da alcune norme costituzionali vanno rimossi, minimizzandone quanto possibile gli effetti negativi, convincendo ampi settori dell’opinione pubblica che esistono autoritarismi dal volto umano, tanto più necessari quando servono a disciplinare un paese disordinato e confusionario come il nostro. Cosa già tentata da Berlusconi nel 2006 e sonoramente bocciata nel referendum.
Ora il governo Renzi, incostituzionale e mai eletto dal popolo italiano, si appresta a svuotare quel che resta della democrazia rappresentativa per divenire lo strumento esecutivo delle decisioni di istituzioni extra nazionali, subendo l’egemonia USA e i ricatti dell’Unione europea, a salvaguardia degli obblighi di pareggio del bilancio e del pagamento del debito pubblico.
Certo, non possiamo pensare in assoluto che rivedere una costituzione significhi la rovina della democrazia; tuttavia quel revisionismo storico e politico tracciato da Togliatti nella carta costituzionale e sviluppato poi in decenni di riformismo democratico borghese, che ha svuotato di significato la lotta per il socialismo, mette a rischio lo stesso spirito originario del patto fondativo della Repubblica “nata dalla Resistenza”, cioè l’antifascismo. L’evidente progressione del sistema politico italiano verso un rafforzamento dei poteri dell’esecutivo (con l’indebolimento del Parlamento e della sovranità popolare) e lo svuotamento della democrazia partecipativa fa ritenere che l’Italia abbia dimenticato molto della propria tradizione democratica. In Francia la guerra al terrorismo richiede misure autoritarie e liberticide come lo stato d’emergenza e la revisione autoritaria della costituzione. Abbiamo ceduto fette consistenti della nostra sovranità a vantaggio dell’Unione europea e delle banche (che hanno il privilegio non secondario di emettere valuta) e forgiato una nuova “etica” della guerra nel contesto dell’ingerenza umanitaria NATO. Abbiamo assegnato una centralità assoluta all’economia di mercato.
Siamo forse di fronte all’agonia della democrazia borghese? Cosa ci riserva il futuro?
Con ogni probabilità si andrà ad un nuovo referendum abrogativo. La parola tornerà allora ai cittadini, ma sarà una parola incerta, debole. Non sarà espressa con la lingua del protagonismo dei lavoratori e popolare, quanto invece con l’ennesimo sterile ricorso alle urne. Sterile perchè alla lunga sarà perdente, bloccato dal clima politico di reazione, come già nell’occasione di altri referendum si è potuto notare. Non c’è scelta: la battaglia per la difesa dei diritti costituzionali va appoggiata alla lotta per i diritti sociali, cioè alla lotta di classe, e questa non ha certo bisogno di essere accreditata da istituzioni ed istituti delegittimati e lontani da lavoratori e proletari.

Luciano Orio

“Legge elettorale e riforma costituzionale” – breviario delle ragioni del NO – Associazione Nazionale Giuristi Democratici – www.giuristidemocratici.it
“Ancora sulle divergenze fra il compagno Togliatti e noi” – Edizioni Oriente Milano
“Da Togliatti a Renzi” – http://www.pennabiro.it

5 Dicembre 2015

A fianco delle popolazioni del Donbass

Filed under: Donbass — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 15:35

Contro l’avanzata del fascismo in Europa e nel Mondo

Da più di un anno e mezzo oramai le popolazioni del Sud-Est dell’Ucraina stanno subendo le conseguenze del conflitto che la giunta nazional-fascista installatasi a Kiev dopo i fatti di piazza Maidan ha scatenato in quelle regioni, ribellatesi alla soppressione dei loro diritti nazionali ed alla svolta apertamente dittatoriale del governo centrale ucraino. A fianco dell’esercito regolare ucraino, demotivato, mal pagato e mal comandato, combattono milizie volontarie apertamente naziste, eredi di quel Bandera, collaborazionista del Terzo Reich nella Seconda Guerra Mondiale, che la giunta attuale ha elevato al rango di eroe nazionale. Queste milizie, di fatto eserciti privati dei vari oligarchi che comandano il paese, si sono rese responsabili di crimini contro le popolazioni civili degni dei loro infami ispiratori del secolo passato. Incapaci di piegare la tenace resistenza degli insorti in armi, esercito regolare e battaglioni nazisti hanno sfogato la loro sete di violenza contro le città e i villaggi continuando a bombardare indiscriminatamente anche dopo gli accordi di pace di Minsk le installazioni civili, non risparmiando scuole, ospizi e ospedali.
Oggi siamo in piazza a fianco di questa iniziativa dell’associazione Nova Harmonia, che si occupa della raccolta e della spedizione degli aiuti umanitari per le popolazioni martoriate del Donbass dall’Italia, formata dalla volontà di alcuni lavoratori e lavoratrici immigrati in Italia da quell’area.
Siamo al loro fianco perchè crediamo che oltre all’aiuto materiale, sicuramente insufficiente di fronte alla gravità della situazione, sia importante per quelle popolazioni sapere che non sono sole in balìa di questo conflitto, che in tutto il mondo c’è gente che riconosce nella loro lotta un baluardo contro la barbarie la cui importanza va ben al di là di quei confini.
Denunciamo l’appoggio scellerato che il governo italiano e quello europeo continuano a fornire alla giunta fascista di Kiev e la copertura reticente quando non proprio falsa che tutti i principali media italiani danno del conflitto in Donbass.

Assemblea Antifascista Bassanese

21 Novembre 2015

Medio Oriente di Fuoco

Filed under: General,Medio Oriente — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 17:51

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6 Novembre 2015

Serata di solidarietà al Donbass antifascista

Filed under: Donbass — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 18:13

 

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30 Maggio 2015

AL LAVORO COME IN GUERRA

Filed under: General,Salute e Territorio — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 18:09

E’ questa la realtà del nostro paese, dove nel ventennio 1946-’66, si sono verificati 83mila morti e circa un milione di invalidi del lavoro, cioè il doppio dei menomati causati dalle due guerre mondiali, che furono mezzo milione.
Successivamente la media degli infortuni e delle malattie professionali è andata via via aumentando, arrivando a 1.650mila casi nel 1970. Poi, ancora un primato: il nostro paese nel decennio 1996-2005 è risultato quello con il più alto numero di morti sul lavoro e di lavoro in Europa. Attualmente ci sono circa 900mila invalidi e 150mila tra vedove e orfani che percepiscono una pensione.
Un tragico destino? No, la conseguenza di scelte di politica economica compiute dalle classi dominanti.
Le cifre impressionanti della guerra del lavoro sono dovute alla cultura neoliberista dell’individualismo sfrenato, del taglio ai vincoli e ai controlli, della deregolamentazione più selvaggia del mercato del lavoro, sostenuta dai governi, dai padroni, dai sindacati complici.
La Costituzione di questa Repubblica dice che bisogna garantire l’integrità fisica del lavoratore. Invece viene sempre prima l’organizzazione del lavoro per l’impresa, per il profitto. Infatti questo paese presenta da un lato milioni di disoccupati alla ricerca di una prima occupazione, mentre dall’altro un quinto del prodotto nazionale è dovuto all’attività di lavoro in nero; mentre mille persone ogni anno perdono la vita sul lavoro e più del doppio per una malattia professionale che non perdona.
Da una parte troviamo la stupefacente crescita del progresso tecnologico che moltiplica i beni della vita, mentre dall’altra vi è il cinismo del profitto come valore dominante, che corrode la stessa vita umana. Non è vero che il fine ultimo di questa società sia il progresso umano. Lo si dice, ma non è vero.

Per anni ci siamo ubriacati di nord-est, del modello produttivo veneto, alla cui base stava nient’altro che lo sfruttamento più adatto di risorse umane e ambientali. Poi, con la crisi, è finita la sbornia. Nuove frontiere offrono ai padroni nuove opportunità di sfruttamento, territori vergini per nuovi guadagni. E’ tempo di delocalizzare? basta scegliere l’area geografica e il materiale umano più opportuni, e poi, anche se non si delocalizza, basta agitare l’idea, come arma per un nuovo ennesimo ricatto.

E così le condizioni di lavoro peggiorano. Oggi capita con una certa frequenza di rimanere a casa in ferie (obbligatorie) o in cassa integrazione, gli straordinari e il lavoro festivo sono normalità, i salari sono da fame e lo spettro del licenziamento incombe su tutti, in particolare sui lavoratori più combattivi.
La manodopera in affitto cresce a dismisura, alimentando il mercato selvaggio della merce-uomo.
In questo scontro di civiltà, tra capitale e lavoro, vince il peggio, cioè il profitto.

Le piccole imprese si ritengono al di fuori della legge e suppongono di non dover rispondere ad alcuna autorità, nè all’opinione pubblica in merito alle conseguenze in campo economico, sociale e ambientale delle loro attività.
Dichiarano di aver bisogno di gente elastica, disponibile sempre. I sindacati non li vogliono e i controlli nemmeno. Sono l’espressione compiuta della specializzazione flessibile e sopperiscono, così, alla crisi di medie e grandi aziende. Il loro valore aggiunto sta nel fatto di diventare ancor più flessibili. Infatti nelle piccole realtà è ancor più facile eludere i controlli, già di per sè inesistenti. Propongono ai lavoratori la precarietà necessaria, massimizzando i ricavi e contenendo il più possibile i costi.
Le tragedie sul lavoro sono per loro banali e fortuiti incidenti che, non di rado, rivelano altrettanto tragici effetti collaterali su ambiente e risorse, come terra, aria ed acqua. I tumori dell’operaio sono anche malattie incurabili per l’ambiente.

L’edilizia, la chimica, la cantieristica, ma anche i settori metalmeccanico, la stessa ceramica sono stati impestati per decenni di ogni genere di veleni industriali. Poi l’amianto o il cromo esavalente hanno presentato il conto, che sarà pagato chissà quando e con la morte di chissà quanti tra lavoratori e popolazione.
Parlare di “giustizia”, dopo la sequela di assoluzioni di questo periodo (ThyssenKrupp, Marlane, Enel, Eternit…), può sembrare ridicolo, ma è rivelatore del grado di barbarie di questa società, in cui la salute, l’istruzione, la giustizia e in generale tutti i diritti previsti dalla bella Costituzione Repubblicana sono solo quelli del padrone; per gli sfruttati non c’è pace, nè giustizia. Abbiamo capito ormai che tra il profitto, la ricchezza individuale e il benessere collettivo esiste una incompatibilità di fondo. E’ al cambiamento di questa priorità che dobbiamo puntare.

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Sabato 30 maggio 2015 – ore 17.00
presso il centro sociale del quartiere Margnan
via D’Aviano (angolo via S.Caterina)
Bassano del Grappa

Presentazione del libro “La fabbrica del panico” di Stefano Valenti (premio Campiello – opera prima – 2014).
Saranno presenti l’autore ed i lavoratori della Breda Fucine di Sesto S.Giovanni con il loro Comitato che racconteranno la loro storia di lavoro e per avere giustizia.
Dibattito pubblico

Dalle 20.00 cena collettiva (12 euro) con menu della tradizione veneta
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Assemblea Antifascista Bassanese
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25 Aprile 2015

25 Aprile 1945 – 25 Aprile 2015

Filed under: Resistenza,Revisionismo Storico — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 04:48

70 Anni di insulti alla memoria storica

Tonnellate di retorica a basso costo vengono rovesciate, in occasione delle date preposte, dai pulpiti ufficiali di un potere politico ormai completamente screditato. Riproposta fino alla nausea dai media, questa retorica contamina il dato storico, sedimentandosi assieme ad esso nelle coscienze confuse dal tradimento di quelle stesse forze politiche che della memoria della Resistenza avrebbero dovuto fare la bandiera della lotta per una società più giusta. Questo rito annuale, con le sue vuote parole sempre uguali, ha sancito e accompagnato per settant’anni lo svilimento degli ideali, delle aspirazioni e del pensiero politico di chi quella lotta ha combattuto , ed in particolare di coloro che in quella lotta vedevano, oltre alla liberazione dai nazisti e dai loro ascari in camicia nera, una possibilità di emancipazione delle classi lavoratrici (vorremmo ricordare, per una volta, che il 50% dei combattenti riconosciuti ufficialmente apparteneva alle brigate comuniste).

La retorica e la mistificazione, come d’uso, cercano di nascondere il volto truce della repressione: dall’amnistia Togliatti, che riabilitò gran parte dell’apparato fascista, alle persecuzioni nei confronti dei partigiani più attivi nella lotta politica del dopoguerra, fino alla ristrutturazione della polizia di stato da parte di Scelba in chiave inequivocabilmente reazionaria. E furono 50 anni di “pax americana”, somministrata al paese dal binomio DC-Mafia. E poi fu il crollo del blocco socialista, il trionfo del neo-liberismo…. fino ai nostri giorni, i giorni della crisi economica, delle guerre alle porte di casa che ad ogni piè sospinto rischiano di degenerare in un altro conflitto globale di proporzioni inimmaginabili.

L’apparato di PCI-PDS-DS-PD ha dato tutto se stesso per distruggere l’organizzazione dei proletari che si era forgiata nella Resistenza e per negare ogni contenuto rivoluzionario nella lotta partigiana. Con in testa il solo scopo di arrivare nelle stanze del potere, si è spudoratamente proposto in questi settant’anni come garante della pace sociale privando i lavoratori di ogni possibilità di opporsi agli attacchi sempre più feroci del capitale. Ma per arrivare al potere ancora non bastava. Bisognava rinnegare anche le proprie radici. Ci hanno pensato Violante e Napolitano; il primo con lo sdoganamento dei “ragazzi di Salò”, il secondo con la convinta adesione al revisionismo storico, in particolare riguardo ai fatti relativi al confine orientale.

…e dai palchi del 25/4 sempre i soliti discorsi…LIBERTA’!….DEMOCRAZIA!

Ma quale libertà? Quella delle multinazionali di inquinare il pianeta ed avvelenarne impunemente gli abitanti come vorrebbe il TTIP? Quella di spianare i campi Rom con le ruspe? Quella dei padroni di licenziare a piacimento? Quella di ingrassare imprenditori in odore di mafia con opere pubbliche tanto faraoniche quanto inutili?… e quale democrazia? Quella che si esporta a suon di missili e missioni militari e colpi di stato? Chiediamolo alla gente comune di Serbia, Libia, Siria, Irak, Afghanistan, Ucraina, Paraguay, Honduras, Mali cosa significhi per loro questa parola e quanto angelici paiano i loro antichi dittatori al confronto con l’inferno che le “democrazie” occidentali, noi compresi, gli abbiamo rovesciato addosso!

Nessun Renzi, nessun presidente della repubblica, nessun sindaco potrà mai dirci il significato di queste parole, semplicemente perché non può saperlo; il significato di quelle parole, lungi dall’essere fossilizzato nei discorsi ufficiali, viene ridefinito e reinventato ogniqualvolta si riaccende la lotta contro un potere sempre più insopportabile, cioè proprio contro ciò che essi rappresentano e difendono.

Assemblea Antifascista Bassanese

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