Assemblea Antifascista BASSANO DEL GRAPPA (VI)

19 Giugno 2016

La francia e noi

Filed under: General — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 17:39

Al momento di scrivere è in corso lo sciopero generale e la manifestazione nazionale del 14 giugno si è conclusa da poco.

Parigi e le principali città francesi sono state invase da fiumi di manifestanti ( un milione nella sola capitale). Sono in corso – dice la tv nostrana – scontri molto violenti e il dito è puntato, ovviamente, sui giovani “casseurs”. Le immagini restituiscono invece cariche di sbirri alla “robocop”.

E’ troppo presto per tirare un bilancio della lotta in corso e individuarne possibili prospettive, possiamo però andare a ritroso e ripercorrere quanto accaduto.

Non che il clima fosse idilliaco in Francia: la vittoria elettorale del Front National ed il clima d’emergenza seguito agli attentati di gennaio e novembre 2015 avevano bloccato l’iniziativa politica. Nonostante ciò, una grande mobilitazione sociale andava crescendo, dura e determinata, come la manifestazione dei lavoratori Air France contro la soppressione dei posti di lavoro (ricordiamo le immagini della precipitosa fuga dei dirigenti a torso nudo) o come la ripresa di scioperi ed interruzioni del lavoro nelle piccole e medie imprese a seguito delle obbligatorie trattative annuali.

Tutto questo era la dimostrazione che l’inerzia e la debolezza della sinistra e delle direzioni sindacali non erano per niente condivise dai lavoratori e dai molti giovani colpiti da disoccupazione e politiche di austerità. La situazione rimarcava la crescente distanza del movimento dei lavoratori dai partiti istituzionali, già colpiti dall’astensionismo e dal voto al Front National da parte dei settori popolari nelle ultime elezioni.

Medef (la Confindustria francese) premeva sul governo affinchè il tema del “costo del lavoro” fosse posto con urgenza, per ridare competitività all’industria francese e portare la Francia al livello di “austerità” degli altri Paesi europei.

L’opera di erosione dei diritti sul lavoro iniziata da alcuni anni veniva così drasticamente velocizzata: il governo Valls-Hollande si faceva promotore della legge sul lavoro (loi travail), nuova e più potente mazzata ai lavoratori e misura utilissima per la ripresa dei profitti attraverso lo smantellamento della giornata lavorativa legale, tagli ai salari, destrutturazione dei contratti collettivi, maggior libertà di licenziamento. Una legge ispirata, secondo lo stesso Valls, dal nostrano Jobs Act.

Ma la loi travail è esplosa nelle mani di chi la stava fabbricando. Almeno fino ad ora, e non è poco.

Dopo la diffusione di un’approfondita analisi della legge, alcuni sindacati, sicuramente i meno “concertativi”, e le reti sociali con ripetuti appelli chiedevano il ritiro della legge. Da notare che le direzioni sindacali, fino ad allora, si erano limitate a mettere in discussione solo alcune misure, lamentando più che altro la mancanza di dialogo col governo, senza alcuna chiamata alla mobilitazione, nel più perfetto stile “italico”. Il fatto poi che l’invito alla prima mobilitazione sia partito dalle reti sociali, rivela che le direzioni dei sindacati confederali erano orientate alla resa, cosa del resto evidente di fronte alla totale mancanza di preparazione alla mobilitazione, costruita con il necessario lavoro di informazione e di sensibilizzazione dei lavoratori.

In Francia le grandi mobilitazioni non sono episodi occasionali. Già vi erano stati duri scontri contro la riforma delle pensioni, a più riprese, fino al 2010, e nel 2006 il movimento degli studenti aveva ottenuto una significativa vittoria contro il “contratto di primo impiego” del governo Villepin. A questo proposito si segnala che già in quell’occasione il governo era ricorso al famigerato art. 49-3 della Costituzione, la stessa procedura richiesta ora, che permette al governo di varare una legge senza dibattito, nè voto in Parlamento.

Nel 2005 una violenta rivolta urbana nei quartieri popolari si protrasse per quattro settimane. Protagonisti furono i giovani arabi e neri, bersaglio delle campagne sulla sicurezza e vittime privilegiate di disoccupazione e precarietà. E’ questo un settore giovanile che vive una profonda frattura sociale, derivata dalla suddivisione razzistica operata nei quartieri popolari e visibile nell’attuale movimento. Da qui originano le difficoltà nel ricomporre il fronte di lotta, dovute alla mancanza della consapevolezza di appartenere alla stessa classe.

Simili sono le difficoltà originate dalla pesante ristrutturazione di industria e servizi. Anche qui la balcanizzazione del mercato del lavoro (precarietà, subappalti, dequalificazioni…) ha generato un disorientamento politico ed organizzativo non risolto dal movimento sindacale.

La mobilitazione generale contro la loi travail, i cortei, gli scioperi, le occupazioni delle piazze con l’obbiettivo di “bloccare il paese” contro l’autoritarismo del governo, da una lato è tesa a smascherare le menzogne sui presunti benefici generali derivanti dall’introduzione della legge, puntando alla debolezza politica del governo Valls-Hollande, che riafferma la propria autorità ricorrendo alla repressione: con l’uso massiccio dei soliti media asserviti, apre alla criminalizzazione del movimento, mentre prolunga lo stato di emergenza. Oggi (15.6) Hollande, agitando le violenze del giorno prima, dichiara di voler imporre il veto totale al diritto di manifestare.

Dall’altro questa grande mobilitazione sembra non volersi riconoscere nell’occasionale convergenza delle lotte o nell’altrettanto occasionale assembramento di cittadini insoddisfatti, quanto invece interrogarsi sulle forme di organizzazione e di rappresentanza politica dei proletari (politica, non elettorale) e sul progetto di società, attraverso una pratica di massa realmente capace di trasformare la propria condizione sociale, col superamento del sistema di sfruttamento capitalista. Chiaro che il successo di simili intenzioni non è dietro l’angolo, tuttavia il movimento francese è riuscito per ora a rompere il clima di isolamento e paura seguito agli attentati di novembre, rilanciando le forme di lotta più dure e ricostruendo la consapevolezza della centralità e della forza concreta dei lavoratori.

Al centro della scena sembra essere al momento la CGT, che punta determinata a farsi riconoscere quale principale interlocutore dal governo. Sia chiaro: la CGT non è la CGIL, e questa è la differenza più evidente tra la situazione francese e quella italiana. La linea collaborazionista della CGIL con i governi ed i padroni non porterà mai alla difesa intransigente e determinata delle rivendicazioni dei lavoratori: la loro “cogestione” ha portato alla rinuncia alla lotta. Tutt’altro è il presupposto della scelta di classe di alcuni sindacati (in primis la CGT) in Francia, considerando

che lo sviluppo del movimento di classe e lo schieramento dell’azione sindacale rappresentano oggi i due poli che determineranno lo sviluppo della lotta.

Questa grande mobilitazione sembra voler rilanciare la discussione sull’iniziativa politica di classe e la lotta anche in Italia. Se ne è avuta l’impressione anche nel clima politico durante il recente sciopero dei metalmeccanici per il rinnovo contrattuale. Le parole di Landini, segretario FIOM, dal palco di Vicenza suggerivano l’idea che la pressione esercitata su Confindustria abbia il solo scopo di poter tornare al tavolo delle trattative a rilanciare la parola d’ordine della concertazione. A questo fine ha usato anche un certo tono “autocritico”, buono per gli applausi di rito, riferito agli accordi sulla riforma pensionistica. Manco una parola invece su tutte le altre battaglie perse perchè non combattute (e visto come sono andate le cose in Francia, il Jobs Act sembra a questo punto la madre di tutte le battaglie perse).

In casa nostra il problema centrale sembra proprio questo. Lottare da noi è difficile. La sfiducia, la rassegnazione che pesano sulla classe operaia italiana sono dovute con ogni evidenza e in gran parte ai confederali. La loro strategia sembra volta a smantellare ogni residuo di identità che la classe lavoratrice ancora detiene.

Più che un’arrendevolezza “riformista” socialdemocratica, sembra trattarsi di una svendita vera e propria, la “co-gestione” in perfetto stile neoliberista americano.

Per questo le lotte in Francia sono così importanti: la loro lotta è anche la nostra e di tutti i lavoratori, fuori da ogni confine. Insegnano a costruire obiettivi unitari che favoriscano l’unità dei lavoratori, che il conflitto va generalizzato e chiamano in causa non una singola vertenza ma l’intero sistema di sfruttamento capitalista. Invitano a liberarci dei sindacati inutili e dei loro funzionari corrotti e codardi, per ricostruire le nostre organizzazioni di lotta.

Luciano Orio

7 Giugno 2016

Verità e Giustizia per Viareggio!

Filed under: General — Assemblea Antifascista di Bassano del Grappa (VI) @ 10:21

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VERITÀ E GIUSTIZIA PER VIAREGGIO!

La sera del 29 giugno 2009, un treno merci che trasportava gas propano liquido deragliò nei pressi della stazione ferroviaria di Viareggio. Un asse sotto ad un vagone cisterna si ruppe, questo si rovesciò e dalla cisterna squarciata fuoriuscì il gpl che dopo qualche istante esplose incendiando persone e cose nel raggio di centinaia di metri. Alla fine 32 persone morirono, arse vive all’istante o decedute in ospedale dopo giorni o settimane di agonia, molte altre rimasero ustionate in modo gravissimo portando per tutta la vita i segni di quella tragedia su gran parte del loro corpo.

Non è stata una fatalità, ma una strage consumata sull’altare del profitto, del super-sfruttamento, del disprezzo della vita umana: UNA STRAGE DEL CAPITALE. Lo ha confermato implicitamente pure l’ispettore superiore Angelo Laurino, comandante della squadra di polizia giudiziaria del Compartimento Polfer della Lombardia, che da diversi anni sta indagando su questa strage, con la seguente dichiarazione rilasciata alla stampa durante un’intervista: ““Appare chiaro che con la privatizzazione si è principalmente perseguito lo scopo di imporre comportamenti competitivi di mercato senza introdurre adeguati vincoli a garanzia della sicurezza di trasporto”. In sostanza ogni azienda, pubblica o privata che sia, operante nel settore ferroviario risparmia sulla manutenzione del materiale rotabile, abbassando in questo modo il livello di sicurezza, per mantenere alti i propri margini di profitto.

Quindi il controllo e la manutenzione dei vagoni sono carenti, come nel caso di Viareggio, inesistenti, come ha sostenuto l’ingegnere Paolo Toni, consulente tecnico della Procura di Lucca incaricato di svolgere la perizia sul convoglio deragliato, con queste parole: “Se la fase di manutenzione avesse funzionato, se fosse stata ben programmata, se i controlli fossero stati frequenti, quella frattura avrebbe avuto un’altissima probabilità di essere individuata”, inoltre, “sarebbe bastato un controllo visivo accurato da un esperto di questi problemi” per capire che l’asse che si è spezzato causando il deragliamento del vagone carico di gpl era difettoso “a causa di un’ossidazione imponente”.

Sotto accusa, con la contestazione di reati che vanno dall’omicidio colposo plurimo, incendio colposo, illecito amministrativo e violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, sono finite 33 persone, tra cui gli allora vertici di Ferrovie dello Stato e Trenitalia; i tecnici ed i dirigenti di tre aziende: la Gatx Rail, l’officina Jungenthal e la Cima riparazioni. Molti di questi imputati nel frattempo hanno fatto carriera, compreso Mauro Moretti, all’epoca della strage amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, che non solo è stato nominato da Renzi alla guida di Finmeccanica, ma è anche stato insignito del titolo di cavaliere del lavoro dall’ex-presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Oltre al danno, i familiari delle vittime rischiano pure la beffa di non poter avere giustizia in tribunale perché sul processo in corso pende la spada di Damocle della prescrizione, in quanto molti dei reati contestati agli imputati, che costituiscono gran parte della struttura che sorregge il processo, cadranno prima che si arrivi a sentenza definitiva. Tra i capi d’imputazione che spariranno presto dal processo, figurano incendio colposo, lesioni gravi e gravissime e contravvenzioni alle norme per la sicurezza sul lavoro.

Del disastro ferroviario di Viareggio, del processo in corso, di sicurezza in ambito ferroviario e di repressione nei luoghi di lavoro ne parleremo con il ferroviere Riccardo Antonini (consulente tecnico di parte nominato da alcuni familiari delle vittime nelle indagini giudiziarie relative alla strage di Viareggio e per questo motivo, per il solo fatto di aver deciso di mettere le sue competenze a disposizione di queste persone affinché possano ottenere verità e giustizia, il 7 novembre 2011, venne licenziato dalle FS) e con alcuni rappresentanti dell’associazione onlus “Il Mondo che vorrei”, che raccoglie i familiari delle vittime della suddetta strage.

SABATO 11 GIUGNO – ore 16.30
SCHIO – Sala degli Affreschi del Palazzo Toaldi Capra

Comitato di Solidarietà con le Lotte dei Lavoratori

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